I professori austriaci Stefan Schumacher e Joachim Matzinger hanno riportato alla luce un libro che si pensa risalga al XIV secolo.
Questo libro è scritto in lingua albanese, ma con caratteri latini. I due professori sono arrivati alla conclusione che la lingua latina e quella tedesca, insieme alla maggior parte delle lingue balcaniche, contengono importanti elementi che risalgono appunto alla lingua albanese.
Questa tesi è supportata dal fatto che una parte dei verbi principali della lingua albanese si ritoverebbe nelle lingue sopracitate.
L’obietivo principale della ricerca dei due studiosi è quello di scoprire l’influenza dell’albanese sulle lingue parlate nella penisola, ma anche sulle lingue morte. Sono proprio loro, gli austriaci, gli eterni innamorati della lingua albanese, che ci sorprendono ancora una volta con una scoperta importante che aggiunge un tassello nuovo alla storia di questa lingua.
I due professori hanno presentato una pagina di una Bibbia scritta in lingua albanese che risale all’inizio del XVI secolo (nella foto). Se questo documento dovesse risultare autentico allora avremmo a che fare con un libro antecedente al “messalino”(meshari) che risale al XVI secolo.
La scoperta
Non si sa ancora quanto sia attendibile la scoperta fatta, il documento però è già stato pubblicato sul sito ufficiale dell’Accademia Austriaca delle Scienze. Si ritiene che questo documento contenga brani in lingua albanese risalenti al XIV secolo. Sapere con esatezza la datazione ci consentirebbe di capire se il “messalino” di Buzuku è realmente il primo libro scritto che conosciamo della lingua albanese o se invece esiste un libro che lo precederebbe.
Sulle orme di Jokl
I due albanologi austriaci hanno usato i materiali di Norbert Jokl che si considera il fondatore dell’albanologia. Jokl è nato il 25 febbraio del 1887 ed è morto nel maggio del 1942, ucciso dai nazisti. Jokl dedicò la sua vita alla linguistica. Studiò le lingue indoeuropee, slave e romene. All’età di 30 anni iniziò a studiare la lingua albanese. È autore di alcuni libri che hanno come oggetto privilegiato lo studio della lingua albanese (“Linguistisch-kulturhistorische Untersuchungen aus dem Bereiche des albanese, Berlin – Leipzig”)
Le prime testimonianze scritte della lingua albanese
La lingua albanese è una delle lingue più vecchie che si conoscono. Le prime testimonianze scritte di questa lingua risalgono al XV secolo. La più importante è una formula di battesimo (Formula e Pagëzimit) dell’arcivescovo di Durazzo, Paolo Angelo (Pal Engjëlli) del 1462 "Un të pagëzonj pr'emen't Atit e t'birit e t'shpirtit shenjt ", vale a dire “io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. La formula si trova all’interno di una circolare scritta in latino. Paolo Angelo, durante una visita a Mat, si accorse di numerose irregolarità commesse dai sacerdoti durante l’esercizio del loro ministero. Per questo decise di scrivere alcune importanti direttive che il clero avrebbe dovuto seguire. Tra esse c’era la formula sopracitata, la quale poteva essere utilizzata dai fedeli per battezzare i propri figli nel caso mancasse l’opportunità di portarli in chiesa oppure non ci fossero sacerdoti a disposizione.
La formula è scritta in alfabeto latino nel dialetto del nord (ghego) ed è stata ritrovata nella biblioteca lauteriana di Milano dallo storico romeno Nicola Jorga, il quale l’ha pubblicata nel 1915. Successivamente il filologo francese Mario Rognes pubblicò lo stesso documento aggiungendo una foto.
Il secondo documento in lingua albanese è un piccolo dizionarietto scritto da Arnold Von Harf. Il viaggiatore tedesco Von Harf, originario di Colonia, nell’autunno del 1496 decise di fare un viaggio di pellegrinaggio in terra santa. Durante il viaggio attraversò l’Albania, fermandosi a Dulcigno, Durazzo e nell’isola di Sesano. Per necessità personali, durante la permanenza in Albania, scrisse 26 parole, 8 frasi e i numeri da 1 a 1000, accostando ad ogni parola albanese la traduzione tedesca. Questo dizionarietto venne pubblicato per la prima volta a Colonia nel 1860 e, pur essendo modesto, è molto importante per la storia della lingua albanese perché contiene frasi e numeri.
Tra la fine del XV secolo e l’inizio XVI, nella biblioteca ambrosiana di Milano, venne ritrovato un altro testo scritto in lingua albanese all’interno di un manoscritto greco. Il testo contiene parti dal Vangelo di Marco, scritto nel dialetto del sud (tosco) in alfabeto greco. Questo testo è noto come Vangelo della Pasqua.
Questi documenti sono privi di valore letterario, tuttavia sono di grande interesse per ripercorrere la storia della lingua albanese scritta. Già nelle prime testimonianze scritte dell’albanese, è evidente come siano stati usati tutti e due i dialetti, quello del nord (ghego) e quello del sud (tosco), e due alfabeti differenti, quello latino e quello greco.
Il primo libro scritto nella lingua albanese che noi conosciamo fino ad oggi è Meshari (il Messale) di Gjon Buzuku dell’anno 1555. Di questo libro oggi si conosce una sola copia che si conserva nella biblioteca Vaticana. Il libro contiene 220 pagine scritte, divise in due colonne. Meshari è la traduzione in albanese delle parti principali della liturgia cattolica e contiene le messe delle feste principali dell’anno liturgico, commenti del libro delle preghiere, alcune traduzioni del Vangelo e parti del rituale del catechismo. In sintesi, il libro contiene tutte le parti che consentivano al sacerdote di esercitare il suo ministero. È chiaro che ci troviamo di fronte al tentativo dell’autore di introdurre la liturgia cattolica nella cultura albanese, passando attraverso la lingua. Dunque anche per la lingua albanese, così come per altre lingue, il periodo della letteratura inizia con le traduzioni dei testi religiosi.
Meshari è stato ritrovato per la prima volta a Roma da uno scrittore proveniente dall’Albania del nord, Gjon Nikollë Kazazi. Il testo venne smarrito per poi essere ritrovato nel 1909 dal vescovo Pal Skeroi, ricercatore e studioso di testi antichi. Nel 1930 lo studioso originario di Scutari, Jystin Rrota, andò a Roma, fece tre copie del libro e le portò in Albania. Nel 1968 il libro venne pubblicato in Albania.
Meshari è scritto nel dialetto ghego in alfabeto latino con l’aggiunta di alcune lettere particolari. Il libro fa uso di un vocabolario relativamente ricco e di forme grammaticali già ben definite. Ciò dimostrerebbe che la lingua albanese aveva già una forte tradizione in lingua scritta.
Altri indizi lascerebbero pensare che la lingua albanese possa essere stata scritta prima ancora del XV secolo. A fornire tali indizi sarebbe l’arcivescovo di Tivar, il francese Gurllaume Adae (1270-1341), il quale fu arcivescovo di Tivar dal 1324 fino al 1341 per questo ebbe la possibilità di conoscere molto bene gli albanesi. In una sua relazione dal titolo Directorium ad passagium faciendum ad terrom sanctam, inviata al re di Francia, Filippo VI di Valù, fra l’altro scrisse: “anche se gli albanesi hanno una lingua diversa dal latino, loro usano nei loro libri le lettere latine”. Perciò l’arcivescovo parla di libri in lingua albanese, fornendo così testimonianza del fatto che la lingua albanese sarebbe stata scritta prima del XV secolo.
Un'altra testimonianza ci viene data da Marin Barleti nella sua opera De obsi dione scodrensi, pubblicata a Venezia nel 1504. Barleti, descrivendo la città di Scutari, menziona alcuni framenti scritti nella vernacula lingua, cioè nella lingua del paese.
In conclusione:
La formula del battesimo del 1462, il dizionario di Arnold Fon Harf del 1497, il “Meshari” di Giovanni Buzuku 1555 sono i primi documenti scritti della lingua albanese conosciuti fino ad oggi. Questo dà la misura dell’importanza della recente scoperta dei due studiosi austriaci.

Traduzione dall'albanese di Elton Varfi
Link versione albanese: Albanologët austriakë zbulojnë një libër shqip para Buzukut

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