Geroglifico egizio e parole albanesi alle quali si è riferito Thot disegnando i geroglifici dell’alfabeto fonetico egiziano

Lettere albanesi

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AIN = Aquila. Come simbolo indica il principio della luce, il principio vitale maschile, l’animatore della materia.

Nei tempi più remoti, nelle parole che cominciavano conclip_image006, questo geroglifico sovente veniva sostituito dall’altroclip_image004[4]

Ciò è logico e comprensibile, poiché il principio di tutte le cose non si può manifestare direttamente, ma per mezzo della sua forma visibile, che è appunto la clip_image007[6]

A

 
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BROF = In piedi. Questo geroglifico esprime la condizione caratteristica dell’uomo, dell’essere intelligente, creato da Dio nella posizione eretta, con il capo alto, affinché possa guardare costantemente il Cielo, sua ultima meta. Esprime il movimento involutivo del principio clip_image006[1] grazie al quale l’uomo si perfeziona.

B

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DORË = Mano. Rappresenta il lavoro manuale dell’uomo; tutti gli interventi dell’uomo per il possesso; l’attività umana, affinché le cose diventino ricchezza, ossia beni utili all’uomo.

D

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GATH = Recinto, steccato; il divieto assoluto di accedere al tempio ai non ammessi all’iniziazione, ai ritenuti non idonei spiritualmente e fisicamente.

G

 
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FJERË = Vipera bicornuta. I rettili, anche secondo la scienza moderna, sono gli esseri viventi apparsi per primi sulla Terra. Secondo la Genesi furono creati dopo la vegetazione, prima di ogni altro animale. Secondo Thot i rettili si elevarono dal “NU” clip_image016[4](protomateria) nel momento in cui ATUM (il dio creatore, padre e madre ad un tempo) si manifestò nel mondo; si elevarono per applaudire il Signore.

In principio, il serpente non era velenoso; lo diventò in seguito per punire l’uomo, il quale, nella sua caduta coinvolse, l’universa creazione.

F

 
 
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HIÈTË = Treccia, intreccio. Esotericamente rappresenta i tre piani della vita: fisico, astrale, spirituale; il cammino naturale per raggiungere il fine e, con questo, la felicità piena, senza termine, in Dio. L’altro segno rappresenta l’evoluzione delle cose.

Troviamo il secondo geroglifico clip_image019[4] , con il medesimo significato, anche nelle antichissime scritture dei Naacal, i quali, secondo James CHURCHWARD (“Mu: Il Continente Perduto”, Sargan 1978), le avrebbero introdotte in Birmaniadalla Madreterra (=Madre, io; Më, u) continente sprofondato nel Pacifico circa 12.000 anni fa; continente, la cui civiltà risalirebbe a 50.000 anni orsono.

H

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KUFË = Ciotola. Simbolicamente rappresenta il recipiente, ove si produce la mescolanza delle forze per creare una manifestazione materiale nella relatività, ossia nel mondo fisico. Questo mescolamento di forze, per la trasformazione della materia, può anche attuarsi per sola attività di sviluppo della NATURA nel suo continuo, ininterrotto movimento di evoluzione. Significa anche lo stampo a fondere, la matrice.

K

 
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MIRË = Bene; ma debbono essere considerate tutte le accezioni, in cui il termine viene usato, come ho ampiamente trattato nel mio poema. Può significare il bene e la benevolenza; ma anche la morte, nella accezione di passaggio da uno stato a un altro superiore, ossia di rinascita per una vita migliore. Nel termine MIRË è espressa l’antitesi: la cancellazione del finito per l’infinito; la cancellazione delle due categorie della relatività: tempo e spazio per l’assunzione dell’essere vero, nella immortalità. Il secondo segno, che ha lo stesso suono, esprime il senso della misura (masë = mezzo, strumento, misura); il vivere secondo giustizia, onde essere ammessi nel regno dei beati, nella pienezza della felicità senza fine.

M

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GJÍ = Seno, grembo, ventre, petto; organo sessuale femminile, nell’accezione primiera della parola. Questi segni si riferiscono a tutto quanto ha attinenza con l’atto creativo riflesso della riproduzione per congiunzione carnale. Il suono di questi due geroglifici non ha riscontro nella lingua ebraica delle Scritture, pur tanto antica. È da ritenersi, per tutte le caratteristiche onomatopeiche e di significato, prezioso avanzo della prima lingua parlata dall’uomo sulla Terra.

Gj

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NU è parola composta (në ujë, cantratto “nu” = l’elemento primo contenuto nell’acqua primordiale, da cui è scaturita l’universa creazione. Questa è la dottrina delle più antiche cosmogonie. Anche nella Sacra Bibbia è scritto che “in principio Dio alitava sulle acque”.

Da “nu” si è formata la lettera “n” prendendone l’iniziale. Il “nun” aveva al principio il significato di organo della generazione ed era vietato pronunziarlo, per rispetto al mistero della riproduzione della specie umana, nella relatività. Altra parola antichissima: ka-ri, che rappresentava l’organo sessuale dell’altro sesso, era vietata. Questi due nomi, fino a cinquanta, sessanta anni fa, nei paesi arabi degli Arbërèshë erano avvolti da un senso di mistero.

Il “nu” rappresentava graficamente la superficie delle acque primordiali, venirne fuori significava “nascere”, passare, cioè, dalla potenza all’atto.

N

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U = Io. Esprime la individualità: io e non altri. Nella lingua albanese mantiene immutato il significato primitivo: io.

Il secondo geroglifico, la spirale, rappresenta il turbine delle forze produttive del cosmo, le quali derivano dalla messa in moto di potenze esistenti, in principio, nel “nu”.

U

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PLIS = pezzo di terra lavorato; plitë: mattone, basamento. Rappresenta il prodotto del lavoro dell’uomo, il quale trasforma la materia bruta (clip_image034[4] q, qull = poltiglia) informe, in materia organizzata, applicandovi le forze della volontà e del braccio.

P

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QULL = Materia informe, poltiglia: passibile di trasformazione per l’intervento dell’opera dell’uomo.

QIENJ = Amplesso sessuale per la procreazione e la conservazione della specie; questo è il significato primitivo di questo verbo, in cui la lettera “q”(abbraccio, unione, quasi fusione) esprime il mezzo; la lettera “n”, il fine; la lettera “i” o “j”: l’infusione dell’anima al nascituro per intervento divino.

Il piacere che si prova nell’atto di accoppiamento carnale, è solo l’esca affinché agevolmente si adempia il fine.

Q

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Qui BUZË (la bocca) rappresenta un organo attraverso il quale passano gli alimenti che assicurano, consentono la continuità del sussistere:

LA VITA: RROJË

Da quest’ultima parola è stata ricavata la lettera “r” liquida alveo dentale mono o poli vibrante. Thot, nell’elezione o scelta, ha dato necessariamente la precedenza al fine, che è sempre più nobile del mezzo.

R

       
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STOL, STOLI = rispettivamente: fascia, ornamento; simboli entrambi della nascita e della morte; e ancora: della resurrezione definitiva, sfociante nell’ASSOLUTO, nell’essere per sempre, nella felicità piena, immortale, allorché saranno finite tutte le prove sulla Terra. Nelle fasce si avvolgevano i neonati; nelle fasce si avvolgevano le mummie in attesa della nuova nascita: reincarnazione o resurrezione definitiva. STOLI, invece, rappresenta la GRAZIA (ornamento spirituale), che assicura il cammino verso la luce. Il primo geroglifico addita la strada da percorrere (udhë = via, regola, norma) per arrivare vittoriosamente al traguardo finale; il secondo geroglifico che ha lo stesso suono (S) segnala gli scogli, le difficoltà, gli impedimenti, le “chiusure”, gli sbarramenti.

SIXHIR, infatti, significa ancor oggi, nella lingua albanese, (dialetto ghego) catenaccio, catena. Nel primo geroglifico è adombrato il tirocinio di opere buone da compiere per guadagnare il Regno dei Cieli; nel secondo: gli ostacoli da superare, le forze da impiegare per compiere le catene, gli sbarramenti opposti al raggiungimento della meta agognata.

S,s

 
 
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L’Enel attribuisce a questi due geroglifici il medesimo suono: “T”. Io sono, invece, d’accordo con il De Bruck nell’assegnare ai due geroglifici due suoni diversi: al primo, il suono “t”; al secondo: il suono della lettera “c” dell’albanese. Il geroglifico

clip_image047[6] , l’unico esistente nella grande piramide di Cheope (misura circa 10 x 20 cm) rappresenta lo spostamento giornaliero del sole; significa il TUTTO, l’ASSOLUTO, Il PERFETTO; COLUI al Quale nulla manca, al Quale nulla può essere aggiunto o tolto; significato rimasto inalterato o quasi nella lingua albanese: TËRË. Significa anche la pienezza della legge, la famosa TORA degli Israeliti. Da Tërë è stato ricavato il geroglifico clip_image047[7] .

Il geroglifico clip_image048[4] (c alb.) è stato, invece, ricavato da CIMPITH = molletta da fuoco. Ha un significato morale con attinenza al “fuoco”, all’ardore dell’anima, all’entusiasmo da impiegare nella osservanza di Dio, onde poter raggiungere il fine ultimo: la salvezza e l’eterna beatitudine.

T alb

 
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ISË = la luce. Vuol dire che il pensiero, principio di vita simbolizzato dal sole ed emesso dalla forza creatrice, il VERBO, è fissato in forma visibile per mezzo della scrittura del geroglifico clip_image051[4] . “I” è il primo nome dato a Dio dall’uomo (Vedi Dante Par. XXVI, 133; 136). Dio è la luce eterna.

La luce riflessa, cioè quella della relatività, che riusciamo a percepire con l’organo materiale della vista. Nello arbërisht è detta ancora “Isë”. Isë, nel vecchio egiziano è il nome di Iside, simbolo della luce. Da questo nome è stata ricavata la lettera “I”, detta lettera nobile da Platone, il cui suono volle indicare, sin dal principio del mondo: DIO.

Come nell’ebraico “yod” entra nella composizione delle parole ce si riferiscono all’immortalità, così la “i” in albanese entra ancor oggi nella formazione delle parole che esprimono luce, bellezza, ornamento.

I, J

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ASHIM o ASHER = Ramo, virgulto, legna spaccata. Questo geroglifico rappresenta l’azione dell’uomo ed anche l’attività della natura. I suoni â, ô sono suoni gutturali spariti dal tosco, ma conservati nel ghego, come era in principio nella lingua adamitica.

Â, Ô

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ZVARANIK o ZHVARANIK = Rettile terreno. Simbolicamente rappresenta una passione disordinata. Il rettile è considerato l’ispiratore di sentimenti insani, di accesi moti incontrollati.

Il geroglifico corrisponde alle lettere albanesi: “Z” e “zh”.

Z

 
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SHI = Pioggia. Il geroglifico rappresenta un lago, delle acque piovane primordiali. Il senso esoterico è quello della protomateria contenuta nell’acqua.

Rappresenta anche la regione del TAVUT (dello arbërisht tavut, bara), cioè dell’aldilà.

Vita, morte, rinascita fanno sempre riferimento all’acqua “nu” o “shi”, perché dal “nu” è scaturita la vita; attraverso la purificazione del lago delle acque della regione del Taut, il defunto si purifica e rinasce ancora, fino alla resurrezione finale per la immortalità felice.

SH

Tratto dal libro Thot Tat parlava albanese dell’autore Giuseppe Catapano

2 Commenti

  1. http://www.scribd.com/people/documents/6049880-giulio22 altro materiale su Catapano

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  2. sei troppo avanti.
    UN GIORNO DIVENTERAI IL MINISTRO DELLA CULTURA

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