δουριος ιππ – ος (dourios ipp – os) Oδυσσεια (Odusseia)
È noto che le lingue monosillabiche sono le lingue più antiche.
Se è vera questa teoria, allora è più antica la parola albanese kjaj (piango) oppure la parola greca κλαι – ω (klai – ō)?
Hepem, dall’albanese mi incurvo, oppure επομ – αι (epom – ai)?
Jam, in albanese io sono, oppure ειμι (eimi), io sono in greco?
Bretkues, rana in albanese, oppure βατρα – χος, rana in greco?
Dru, in albanese legno, oppure δρυ– ς (dru - s), in greco legno o foresta?
Der- ë, in albanese porta, oppure θυρ – α (thur – a), in greco porta?
Dhallë, in albanese fermento di latte, oppure γαλα (gala), in greco latte?
Potremmo continuare con altre centinaia di esempi, ma ci fermiamo qui.
Ora se i poemi antichi come l’Iliade e l’Odissea sono scritti nella lingua greca, perchè si usa la parola ιππ – ος (ipp – os), che in greco indica il cavallo oppure lo stare in sella sul cavallo, che in albanese è hip = shaloj, che vuol dire salire sul cavallo o sellare il cavallo? E ancora, perché non si usa la parola greca ξυλιν – ος (zulin – os), di legno, ma la parola δουριος (dourios), legno?
La spiegazione è semplice.
La parola ξυλιν – ος (zulin – os) non esisteva nella lingua greca nel periodo della guerra di Troia e tutti usavano la parola δουρι - ος (douri - os), che deriva dalla parola pelasgica dru – ri = dru = legno.
Questa è un'altra prova tangibile del fatto che i poemi antichi sono stati scritti nella lingua pelasgica e solo dopo sono stati tradotti in greco. Questo discorso viene dimostrato proprio dalla presenza della parola appena esaminata, cioè δουριος ιππ – ος (dourios ipp – os)= salita di legno.
Passiamo ad un altro termine.
È più antico il nome proprio Penelope (l’origine di questa parola è stata attestata non oltre il 700 a.C.) oppure la parola pelasgica pen’e lypi (il cotone chiede) che è stato poi usato come nome proprio? La tela di cui si servì Penelope fu uno stratagemma, narrato nell'Odissea, utilizzato per non convolare a nozze, nella speranza di poter rivedere il marito Ulisse. La donna comunicò ai suoi pretendenti che avrebbe scelto il suo prossimo marito solo dopo aver completato la tela. Per fare in modo che la scelta si rimandasse, la notte disfaceva ciò che tesseva durante il giorno. Ancora oggi l’espressione la tela di Penelope viene utilizzata per riferirsi ad un lavoro che non avrà mai termine. Ne deduciamo che la derivazione del nome proprio Penelope dal termine pen’e lypi (il cotone chiede) si adatta perfettamente a questo personaggio.
Ora analizziamo un'altra parola che tutti credono sia greca.
L’interminabile viaggio intrapreso da Ulisse per tornare in patria è alla base del poema epico noto come Oδυσσεια (Odusseia), nome che i pelasgi diedero al protagonista. Per la verità il nome del poema Oδυσσεια (Odusseia) non è il nome proprio del protagonista, ma il nome che i pelasgi gli attribuirono per via delle numerose disavventure che fu costretto ad affrontare per ben dieci anni prima di riuscire a tornare in patria. Il titolo di questa poema si comprende e si traduce meglio solo se si utilizza la lingua albanese. Infatti, l’espressione albanese Udhë s’shêu, che molti secoli dopo è diventata in greco Oδυσσευς (Odusseus) vuol dire colui che non ha visto la via o che non vede la strada. Come nel caso di Penelope, anche questa spiegazione si adatta perfettamente al profilo di Ulisse, al quale i pelasgi hanno attribuito anche un altro nome, che però non è arrivato fino a noi perché è stato tradotto in greco Πλυμηχαν – ος (Plumēchan – os), intelligente, astuto.
Dopo queste riflessioni possiamo dire che il dizionario Omerico di Pandazides non è preciso, visto che fa risalire il titolo del poema al verbo oδυσσευoμαι (odussenomai), che vuol dire arrabbiarsi. Adesso abbiamo numerose ragioni per credere che non è così.
Brano tratto liberamente dal libro di Robert D’Angely, Enigma
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