Butrinto

di
Sergio Staino


A sud di Saranda[1], nell’estrema punta meridionale dell’odierna Albania, si trovano le rovine dell’antica città di Butrinto, la romana Bouthrotum. Per raggiungerla attraversiamo uno dei più caratteristici e affascinanti paesaggi albanesi. La strada si snoda sulla cresta di una stretta lingua di terra e lo sguardo spazia da una parte sul canale di Corfù, nominato dall’imponente isola greca e dall’altra, sul lago di Butrinto. Il lago ed il mare sono collegati da un canale chiamato “Fiumara” di antichissima costruzione e che, con molta probabilità, una volta doveva spingersi verso l’interno fino a l’altro grande nodo del Illiri via del Sud, l’antica città di Fenicea. Al limite di questo istmo roccioso, su un caratteristico promontorio boscoso, vagamente circolare, formato dal lago e del canale, sorgeva Butrinto.
Il complesso del teatro visto dalla vetta dell’Acropoli. Le gradinate sono del periodo ellenistico, mentre la scena, molto elaborata, è romana. L’acqua che sommerge le parti basse degli edifici proviene da infiltrazioni marine che ostacolano notevolmente l’opera di scavo. Al di là del teatro si scorge il sentiero sopraelevato che consente un’agevole vista ai monumenti; sullo sfondo il canale che collega il lago interno al mare Jonio.

Nella storia millenaria di questa città è sintetizzata, si può dire, tutta la storia dell’Albania: dalla prima grande fioritura illirica ad oggi. In una terra per millenni accerchiata, invase divisa da potenze ostili, Butrinto ha rappresentato uno dei punti chiave, una delle prede più ambite. La sua posizione geografica, dominante il canale di Corfù, era tale che nessuna potenza militare mercantile poteva controllare questo nodo vitale di comunicazione senza essersi prima assicurato il controllo sulla città di Butrinto. Per questo, fin dall’antichità, non vi è stata civiltà egemone nell’area ionio-adriatica che non abbia trasformato Butrinto in una sua base.

Cortile di un abitazione ellenistica. I greci, in particolare coloni di Corfù e Corinto, furono nel lontano VIII sec. a. C i primi conquistatori dell’Illiria Meridionale.

Le prime testimonianze dell’insediamento illirico risalgono ad epoca precedente al’VIII-VII sec.a. C. e sono localizzate nella parte alta della città, nello strato sottostante dell’Acropoli. In quel periodo arrivarono i coloni greci (Corciresi e Corinzi) che edificarono la città secondo le regole della “Polis” strettamente legate al mondo di produzione schiavistico. Gli schiavi della colonizzazione greca erano appunto le antiche popolazioni illiriche, combattute soggiogate nella fase più arcaica del loro sviluppo.
I greci costruirono imponenti e complesse fortificazioni, resti delle quali, con poche rielaborazioni, sono giunti fino a noi, prima intorno alla parte più alta (l’Acropoli), poi più in basso verso il lago.
La città greca conobbe un grande sviluppo ed una movimentata vita economica e culturale testimoniante da molte vestigia di quell’epoca, la più importante delle quali è il teatro.
Nel II sec. a. C., Butrinto fu conquistata dai romani che la ampliarono nella parte bassa, in direzione del canale. L’infiltrazione di acque marine crea molte difficoltà nell’opera di scavo di questa parte, specialmente nella zona corrispondente al foro. Di quest’epoca sono comunque visibili alcuni tempietti (che ricalcano preesistenti opere greche), la “scena” del teatro, un grandioso ninfeo, edifici termali e soprattutto buona parte del mosaico pari mentale del battistero. La trasformazione in battistero di un edificio termale romano è del IV sec. a. C., In epoca bizantina.

Fondamenta di un edificio termale romano. Dalla ricchezza dei suoi edifici pubblici e dall’estensione dell’abitato si può desumere che la popolazione in età greca e romana abbia oscillato tra i dieci e venti mila abitanti.

Nel XIII sec. Butrinto divenne una roccaforte della Repubblica di Venezia. Di questo periodo sono gli ultimi rifacimenti delle mura, il castello sulla sommità dell’Acropoli, una grandiosa basilica, una massiccia torre di vedetta, e i ruderi di un castello al di là del canale. Nel 1537 tutta la zona di put into venne conquistata dai turchi e con questo inizia il progressivo disfacimento è abbandono delle ultime testimonianze del passato. È indicativo a questo proposito quando dettoci dal direttore del museo di Saranda: “tutte le civiltà che si sono alternate su questo lembo di terra, greci, romani, bizantini, veneziani, hanno lasciato testimonianze della loro cultura e della loro arte. Il dominio turco non solo non ha lasciato niente, ma distrutto anche quello che ha trovato”.

Porta “del Leone”. Deve il suo nome al frontone calcareo scolpito, sul quale è raffigurato un leone che assale un toro.

Intorno al 1928 l’Italia ottiene dal governo albanese di allora la “concessione” della zona archeologica di Butrinto.
L’archeologo Luigi Maria Ugolini, condusse dal 1928 al 1936, anno della sua morte, numerosi scavi nella zona. Al di là degli interessi squisitamente culturali, vi era l’interesse politico di dimostrare il legame storico millenario tra l’Italia e l’Albania (la famosa “quinta sponda di Roma”) preparando il terreno in campo ideologico e culturale alla futura annessione. L’opera dell’Ugolini fu continuata dall’archeologo Pirro Marconi (1937-38) e, alla morte di questi, da Domenico Mustilli (1938-40). In quegli anni si tenne a Napoli una grande esposizione delle opere d’arte messa alla luce in Albania, molte delle quali, fra cui la famosa dea di Butrinto, non fecero più ritorno nei luoghi da dove erano state prelevate.

Testa della “Dea di Butrinto”, scuola di Prassitele.

Dopo la liberazione la zona archeologica di Butrinto è passato sotto il controllo del popolo albanese attraverso la direzione del museo del distretto di Saranda e dell’Istituto centrale di Archeologia di Tirana.
Tutta la zona è stata ottimamente sistemata; un agevole percorso guida il visitatore alla scoperta dei vari monumenti sui quali è stata condotta un’accurata opera di restauro, semplicemente nel castello veneziano, sopra l’Acropoli, dove hanno trovato degna sistemazione degli oggetti le sculture che compongono l’attuale museo. Il governo popolare ha inoltre proseguito l’opera di sondaggio e di studio di tutto il terreno circostante, mentre gli scavi in grande scala sono per ora sospese a vantaggio di altre zone archeologiche più ricche di testimonianze dell’antica civiltà illirica.




[1] Archeologia. Organo dei gruppi archeologici d’Italia. Febbraio 1973

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