L’acropoli di Feniki in Albania

Scavata dalla Missione Archeologica Italiana

Luigi Maria Ugolini


Feniki: “Tesoro” con a destra una gradinata – sedile. È una fine opera greca del IV secolo a.C.

Gli scavi compiuti ultimamente dalla nostra Missione Archeologica dell’Albania si sono svolti sull’acropoli di Feniki[1].
Giace questa località circa a metà strada tra Santi Quaranta e Delvino. Il villaggio è piccolo, ma degno di nota perché le sue abitazioni sono in parte addossate a ruderi d’età romana, ed in parte sono costruite con rami intrecciati rivestiti di Malta, secondo l’uso preistorico.
I casolari si distendono lungo il pendio del colle omonimo, sulla cui vetta trovassi l’Acropoli. Questa fu vista per la prima volta dalla nostra Missione nel 1924; ma quantunque l’importanza veramente notevole di essa venisse subito apprezzata, soltanto nell’autunno ultimo fu possibile iniziare le escavazioni.
Si diede principio alla campagna di scavo con la ricognizione del percorso della cinta muraria, qua e là interrotta da distruzioni od interramenti. Risultò in tal modo ancor più visibile la grandiosità di quest’Acropoli e della sua difesa.
Si pensi infatti che essa misura un chilometro e mezzo di lunghezza (cioè è circa tre volte più dell’Acropoli di Atene); ha dei tratti di mura conservate per circa 7 m. D’altezza; ed infine, particolare realmente notevole, i massi raggiungono alle volte le enormi dimensioni di circa 11 m³ di volume, traducentesi nel rilevante peso di circa 200 quintali!

Feniki: grande riserva per acqua. I muri misurano m. 20 di lunghezza, 5 di altezza e 1,80 di spessore. È un’opera di età romana postdrianea

Una così poderosa cinta difensiva doveva pur rinserrare dei tesori di grande valore! Perciò si procedette a compiere una prima serie di trincee, eseguite in modo tale che fosse possibile formarsi un concetto della varietà dei monumenti archeologici che il sottosuolo rinserra che la superficie del terreno non lascerà intravedere. Un non lieve strato di terra, infatti, vi si era depositato sopra, e gli asfodeli - i fiori dei Campi Elisi - unicamente agli sterpi, contribuivano maggiormente a sottrare alla ricerca di quei relitti di cui si sarebbe desiderato avere gli indizi.

In un punto però dell’ Acropoli emergeva un piccolo tratto di muro a secco, che venne isolato con apposita trincee a scavo compiuto, e superate non piccole difficoltà, risultò trattarsi di una grande riserva d’acqua, di pianta quadrata, con muri lunghi circa 20 m, larghi m. 1,80, ed altri, nei punti meglio conservati, anche 5 m.
Le parti interne dell’ambiente, ed il pavimento, erano intonacate di un triplice strato di materia cementante, e nove pilastri reggevano la volta che in origine doveva ricoprire tutto la cisterna. La costruzione è romana e del III° sec. d.C., come il tipo del rivestimento ad opus reticulatum può indicare.
A questa costruzione sono annesse altre di secondaria importanza (e forse da quella dipendenti) che non furono interamente scavate: ricorderemo lunghi muri ed una scala ora conservata per soli cinque gradini.
Ottenuta una buona attestazione della civiltà d’epoca romana, occorreva rivolge delle ricerche verso il periodo greco. E queste non furono certo né lunghe né infruttuose.

       Torso efebico emerso dagli scavi di Feniki                 Figura femminile, forse in abbigliamento illirico

Una ben tracciata trincea mise allo scoperto un “tesoro” greco - fornito a destra di un lungo sedile - piccolo ma assai grazioso: un vero gioiello della nobile architettura greca del IV sec. av. C.
Questo però circa verso il mille, fu trasformato in battistero bizantino, del quale ancora ben conservato il fonte battesimale, usato per il rito battesimale ad immersione.
Una chiesa bizantina posta a pochi metri di distanza, e della stessa età del battistero, apparve costruita con materiale tolto da edifici classici. Non poche furono le epigrafi, i capitelli, i rocchi di colonne che quivi furono trovati.
Tra gli edifici solo in parte esplorati vanno enumerati alcuni ambienti di tarda età romana; un’altra grande riserva d’acqua di costruzione greca ma riassettata in epoca romana; una serie di stanze vicine questa seconda riserva, le quali devono essere considerate dei bagni d’età romana; infine vennero alla luce molte tombe di vari periodi.

Oggetti preistorici (Illirici) donati dalla Missione Archeologica Italiana al Museo di Tirana

Giunti a questo punto delle investigazioni, doveva sì pur tentare di rintracciare la civiltà preistorica. Questa ricerca è la più difficile a compiersi per mancanza della benché minima attestazione. Però da una trincea eseguita su una specie di terrazza - che, per la sua speciale conformazione, faceva bene sperare - sortirono prima delle fibule dell’età del ferro e poi in uno strato più basso, due martelli litici dell’età della pietra. Questi costituiscono certo gli oggetti più notevoli che sono state trovate durante tutta la campagna di scavo poiché è la prima volta che le ricerche archeologiche eseguite in Albania forniscono testimonianza di una età e di una civiltà così remote. Del restante materiale ricorderemo le epigrafi, le monete, le ceramiche, i bassorilievi, ed un bel torso d’atleta, che deve essere considerato come un’opera locale ispirata alle opere di Scopas.

N. d. R. - Ringraziamo vivamente il D. Ugolini, capo della Missione Archeologica Italiana in Albania, di averci fornito questa primizia dell’esito dei fortunati scavi di Feniki, che nel Boll. Uff. del ministero della P. I. Furono considerati “una valida affermazione della rinnovellato attività scientifica italiana all’estero”. Li siamo pure grati di averci date alcune fotografie che fanno parte d’un suo volume sulla Albania antica d’imminente pubblicazione.




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