La Missione Archeologica Italiana in Albania[1]


Gli scavi compiuti sull’Acropoli di Butrinto

di

Luigi M. Ugolini

“L'illustrazione italiana” del 24 aprile 1927 pubblicò Il risultato dei fortunati scavi condotti dalla Missione Archeologica Italiana in Albania sulla vasta Acropoli di Feniki. Attraverso un’interessante relazione del Capo di detta Missione, dott. Luigi M. Ugolini, diamo ora notizia ai lettori dell'importantissimi risultati da essa conseguiti nella campagna archeologica svoltasi sulla vergiliana Acropoli di Butrinto.

L'importanza del luogo dello scavo

Pochi luoghi che sono stati fatti oggetto di scavo archeologico hanno dato, nei primissimi loro saggi di esplorazione, risultati così buoni come quelli ottenuti a Butrinto; d'altra parte si può aggiungere che per poche località trovasi - come per Butrinto - un substrato storico così ricco di fascino.

L’Acropoli di Butrinto vista dall’alto. (L’Acropoli è sulla lingua di terra che si vede a destra.

Occorre risalire agli scavi nelle città di Troia, di Micene, di Tirinto, per trovare comparazioni analoghe.
E in realtà, la città di Butrinto ha, con i luoghi ora ricordati, una stretta affinità, poiché anch'essa si ricollega alla più grande epopea dell'antichità: quella della lotta sostenuto dai Greci contro i Troiani per il ratto di Elena.
Ma mentre il ciclo delle gesta storico - leggendarie più propriamente Troiane trovò il suo Cantore in Omero, Butrinto invece e gli avvenimenti che ivi si svolsero furono narrati da Virgilio.

Butrinto nella epopea omerica

Canta Infatti il Soave poeta della Roma Imperiale ( nel terzo libro dell’Eneide) come Enea, peregrinate dolorosamente per tanti mari e fra tanti pericoli in attesa che i fatti si compissero ed egli potesse far sorgere in Italia le mura di una “nuova Troia”, giunge a Butrinto. Qui con grande sua meraviglia, perché il territorio era Greco, incontra il troiano Eleno figlio di Priamo che si era sposata la vedova di Ettore Andromaca ed era divenuto il re di questa regione (la Caonia) dopo la morte di Pirro Neottolemo ( figlio di Achille) che quivi li aveva condotti prigionieri. Eleno aveva costruito in questo luogo una rocca che in piccolo riproduceva la sua antica città, e con nome appunto troiani, aveva denominato la fortezza, le porte, i fiumi ecc.
In sontuosi Palazzi splendidi di colonnati, servito regalmente “con vasi d'argento e coppe d'oro”, Enea resta due giorni ed ascolta da Eleno alcuni vaticini che l'incoraggiano. Poi, ricevuti molti ricchissimi doni, ringraziando e augurandosi di costruire in Italia una città che, come Butrinto, sia simile a Troia, attraverso lo stretto Adriatico.

Posizione di Butrinto

Rare sono le località - e non soltanto dell’Albania - così pittoresche suggestiva come quella di Butrinto. Su una piccola lingua di terra, che si inoltra nel lago di Vivari, si erege ripida una collinetta ricoperta di verdeggiante bosco, dal quale qua e là vedonsi emergere cenerognole rovine di muri. Da un lato il panorama montano, da un altro invece è pianeggiante, e da un terzo appare - azzurra visione - l’isola di Corfù. Disgrazia vuole che l’abbandono più completo, l’isolamento, la mancanza di acqua e la malaria, rendano assai malgradevole la permanenza in questo luogo.

I componenti della Missione Archeologica Italiana in Albania.
Da sinistra: L’ing. Raversi Monaco; il dott. Ugolini, capo della Missione; il sig. Nuccitelli, segretario.

Già visitato nel 1418 dall’umanista Ciriaco dei Pizzicolli di Ancona, il fondatore dell’archeologia, tale località vista da me per la prima volta durante l’esplorazione compiuta in Albania nel 1924. Da allora il mio desiderio di compiervi degli scavi fu sempre vivo, ma non lo potrei tradurre in atto fino alla primavera di quest’anno. I risultati furono, come si vedrà, veramente ottimi.

Gli scavi - il materiale preistorico –

Primo per ordine cronologico è da annoverare il materiale preistorico parte dell’età della pietra, parte dell’età del bronzo e completate quello trovato la prima volta a Feniki (Albania Meridionale) sempre per opera della missione archeologica italiana. Esso rappresenta una vera e propria rivelazione poiché dimostra in Albania esisteva una popolazione di molti secoli prima della invasione degli Illiri, i quali invece furono sempre ritenuti i progenitori degli albanesi.

Età greca

Butrinto, città e fondazione greca, conservano notevoli tratti delle mura di cinta greche appartenenti circa al V secolo avanti Cristo. In essa fu liberata dalla terra che la copriva completamente, una magnifica porta monumentale, ben conservata, alta m. 5, costruita con massi molto grandi, con il soffitto apposto e retto lateralmente da mensole. Un lastricato di età medioevale sovrasta sul pavimento originario.
Pure completamente interrata era un’altra porta nelle stesse mura di cinta. Essa però è di minori dimensioni, alla fronte in parte rifatta in età posteriore, e sull’architrave esterno è scolpito un leone che atterra un toro. Lo stile arcaico e la rappresentazione è dotata di grande forza di espressione.


Età romana

Naturalmente anche alle manifestazioni d’età romana fu rivolta l’attenzione della Missione e buoni furono i frutti che se ne raccolsero.
Alle falde dell’Acropoli emergeva un piccolo tratto di muro seminascosto da vegetazione. Ivi fu aperta una trincea lunga m. 14 larga m. 4. Si comprese così che il muro faceva parte di un lato di una grande costruzione, forse termale. Esso è costituito di arcate, di cui ogni pilastro aveva una o due nicchie contenenti statue.
E difatti la trincea eseguita sotto cinque nicchie, ha restituite, alla profondità di circa 4 metri, cinque belle statue. Sono queste più o meno ben conservate, tutte però con testa di marmo, alte in media m. 2,30 e di fattura greca.

Veduta dall’alto di una trincea contenente 5 belle statue


Tra esse ricorderò una statua di guerriero di cui fu trovata più tardi anche la testa, rappresentante forse un re della Macedonia o un diadoco e recante una particolarità degna di nota: sul pilastro di sostegno e inciso il nome dello scultore. Un’altra è femminile, di fine fattura e riproducente una nota statua: la grande Ercolanese. Una terza, pure femminile, drappeggiata, è forse la più notevole. La testa, perfettamente conservata, e di una bellezza superba. Espressione quasi di sogno, e soprattutto lo stile ci rivelano che essa appartiene al ciclo delle opere di uno dei maggiori artisti greci del IV secolo avanti Cristo: Prassitele.

Statua prassitelica.

Da un saggio di scavo eseguito qui vicino è venuto alla luce un grande pavimento di un ambiente pure termale (frigidarium?). Tale pavimento è a mosaico, ben conservato, a grazioso disegno geometrico di tre colori.

Prezioso mosaico di un grande ambiente (Frigidarium) di età romana.

Sempre in queste vicinanze in mezzo a un bosco in gran parte di alloro, sono stati rimessi alla luce i resti di un Ninfeo, con la vasca a pianta semicircolare, con un muro di spalliera alto circa 4 metri, provveduto di tre nicchie. Sotto due di queste furono trovate le statue, e cioè un Apollo ed un giovane Bacco, il quale ultimo ha una bella testa, il cui prototipo risale al IV secolo avanti Cristo.

Testa di giovane Bacco.

È riuscito di molto interesse un pozzo sacro, sia per la sua forma, sia per l’uso che per molti secoli ne è stato fatto. Si compone di una cella dinanzi alla quale si apre una grande vòlta che copre il pozzo vero e proprio. L’acqua scaturisce dalla roccia viva attraverso tre fori, ed è salmastra. La base della costruzione è d’età greca, la parte alta invece è d’età romana. Sul parapetto posto tra la cella ed il pozzo c’è un’iscrizione votiva: “Giunia Ruffina amica delle Ninfe”. La lunetta formata in alto della vòlta reca una pittura parietale rappresentante a colori vivaci due pavoni affrontati ed in mezzo a loro un vaso a calice. Il fatto che qui l’acqua salata, che essa scorga da tre polle, e che queste sono nella viva roccia; che il pozzo sacro, e che in questa regione era molto diffuso il culto a Poseidone, dio del mare, richiama alla memoria una simile sorgente posta su l’acropoli di Atene; quella cioè che Poseidone - in contesa con la dea Atena per il predominio su l’Attica - avrebbe fatto scaturire con un colpo di tridente, con un segno di grande potenza.



L’età bizantina

La ricerca delle antichità bizantina ha dato risultati anch’essi di prim’ordine. Una ben tracciata trincea mise allo scoperto un tratto di pavimento a mosaico. A scavo completato rivide la luce la parte inferiore di un battistero bizantino (forse del V secolo dopo Cristo) con il suo pavimento a mosaico. Sedici colonne di granito - tolte da edifici romani - reggevano il tetto. Al centro della costruzione trovasi la vasca battesimale (per il rito ad immersione) di marmo, a forma di croce greca, ben conservata. Il mosaico del pavimento merita speciale ricordo. È in ottimo stato di conservazione; policromo ed è diviso in sette zone concentriche, di cui cinque a motivi geometrici, ma due composte di medaglioni (che sono in numero di 64) contenente ognuno la rappresentazione di un animale.

Acropoli di Butrinto: il gran battistero bizantino a scavo ultimato ( il pavimento ricoperto di mosaico policromo e figurato, ha 20 metri di diametro.

Tra l’ingresso alla vasca battesimale interrompono il generale disegno del mosaico due raffigurazioni simboliche: una reca un vaso da cui si dipartono due tralci di vite con uva e pan pieni sui quali posano due pavoni e rappresenta quindi l’Eucarestia; mentre nell’altra raffigurazione è simboleggiato il Battesimo, poiché si vedano i due cervi alla fontana. Su di essi trovasi la Croce - è latina - sotto un arco di trionfo tra due palme. 

Santi Quaranta vista attraverso un arco dell’omonimo chiesa bizantina.

Furono eseguiti altri saggi di scavo degni di nota, e fra essi interessante, quello entro una chiesa sulla vetta dell’Acropoli, ove sono stati ritrovati resti di mosaico figurato.



Età veneziana

Venezia successe a Bisanzio nel dominio dell’Albania, e, come negli archivi della Serenissima Repubblica vi sono molti documenti che riguardano Butrinto, così qui esistono grandi ruderi veneziani. Troneggia sull’acropoli, il castello veneziano in mezzo a boschetti di alloro e di ulivo; la gloria e la pace sui resti di lotta! 

Il romantico Castello Veneziano sull’Acropoli di Butrinto.

Altre torri, altre mura (raggiungimenti spesso l’altezza di m. 11) costituiscono una duplice cinta al colle. Saggi di scavo operati qua e l’hanno confermato le notizie storiche.

La necropoli

E dalla città dei vivi lo scavo è stato esteso a quello dei morti. Rintracciata che fu la necropoli, si passò alla sua esplorazione e fu aperto un rilevante numero di tombe, di età varia, dal periodo greco - ellenistico fino ai primi anni del secolo passato. Degna di nota è la suppellettile funeraria di alcuni vasi, bronzi, ossi lavorati, vetri - in qualche caso ben conservati - ed anche alcuni oggetti ornamentali in oro.

Scavi minori

A queste escavazioni ne devono essere aggiunte altre, le quali considerate in sé stesse sono di un certo valore, ma figurano il secondo ordine rispetto a quelle fin qui ricordate. Quasi ogni trincea diede i suoi risultati. Vennero scoperti ora piccoli resti di mosaico, ora tratti di muro greco, oppure resti di costruzioni romane; qua e là sono apparsi avanzi di affreschi bizantini e veneziani.
Finalmente ricorderemo che fu trovato anche molto materiale epigrafico, numismatico, ceramico, vitreo, ecc.

L’importanza degli scavi

In tal modo gli scavi hanno ridonato vita a Butrinto che ormai non era altro che un nome ricordato in qualche storia. Sia pure in forma di rovina, ora parte della città ritorna vedere il sole che un dì la vide rifulgere di vivo splendore. 

Gli operai intenti agli scavi.

E non c’è ragione di dubitare che le future campagne di scavo non possono dare risultati anche migliori dell’ultima, la quale non è durata più di due mesi.




[1] L’Illustrazione Italiana, 28 ottobre 1928.


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