La via da Roma a Buthrotum

Note di topografia Illirica[1]

Luigi M. Ugolini

 



È noto che da Roma si dipartiva la Via Appia la grande arteria stradale che passava per Capua, Benevento e Taranto e giungeva a Brindisi ove si arrestava[2]. Essa, che costituiva il più breve tragitto tra Benevento e Brindisi, secondo Strabone (VI, 7) sarebbe stata lunga 360 miglia (pari a km. 532,260); ma l'Itinerarium Antonini Augusti, quello Burdigalense, e la Tabula Peutingeriana s'accordano nel dare da Roma a Capua miglia 132; da Capua a Benevento miglia 32, da Benevento a Taranto miglia 158; e da Taranto a Brindisi miglia 43.



Particolare della “tabula Peutingeriana” da Durazzo (Dyrrachium) a Prevesa (Nicopolis).
Cioè la lunghezza totale della Via Appia sarebbe stata maggiore di quella data da Strabone, risultando di miglia 365 (pari a km. 539,652). Dirimpetto a Brindisi, sull'opposta costa del Mare Adriatico, due erano gli antichi scali marittimi, come del resto lo sono anche odiernamente. Quello di maggiore importanza era Dyrrachium (detta in precedenza Epidamnos, colonia di fondazione corinzia corcirese, oggi de- nominata Durazzo), città posta un po' più a settentrione della latitudine di Brindisi. L'altro. scalo era Aulona (Valona), sicuro porto di mare situato in fondo all'omonimo golfo, che per natura è grande e ben protetto da quasi tutti i venti. Perciò, per la questione che ci riguarda, non si deve tenere in considerazione lo scalo di Durazzo - appunto perché troppo a settentrione non tanto di Brindisi quanto di Butrinto - per prendere in esame quello di Valona.

 

“Porta Romana” a Durazzo (Dyrrachium). (Fot. Ugolini).

L'odierna Valona infatti costituisce il porto della costa orientale adriatica più vicino a Brindisi. La baia, a sud-ovest è formata da una lingua di terra che non è altro che un prolungamento dei Monti Acrocerauni (odierni Monti della Chimarra).

“Provehimur pelago vicina Ceraunia iuxta,
Unde iter Italiam cursusque brevissimus undis”

dice Virgilio (Aen. III, 506) a proposito dell'attraversata dell'Adriatico compiuta da Enea dopo il suo soggiorno a Butrinto (Buthrotum) presso Eleno e Andromaca.
Orbene, per quel che riguarda la lunghezza di tale tragitto, l'Itinerarium Antonini dice: “Item a Brundisio sive ab Hydrunto trajectus Aulonam stadia I (mille). Distanza questa confermata dall' Itinerarium Maritimum: “A Brundisio de Calabria sive ab Hydrunti Aulona stadia M (mille). L'Iti- nerarium Burdigalense dà soltanto il passaggio tra Hydruntum (Otranto) e Aulona (Valona); ma poiché la distanza tra queste due città era considerata eguale a quella esistente tra Brindisi e Valona, questo itinerario riconferma la distanza stabilita in mille stadi: “Trans mare stadia mille”. Questi mille stadi corrispondono a 125 miglia romane, pari a km. 184. Da Aulona (Valona) a Buthrotum (Butrinto) l'Itinerarium Antonini e la Tabula Peutingeriana, che vanno perfettamente d'accordo, dànno questo computo: da Aulona agli Acroceraunia miglia 33; a Phoenice miglia 41; a Buthrotum 56.
Sicché sommando le varie distanze intercorrenti tra Roma e Butrinto (e cioè miglia 365 tra Roma e Brindisi; 125 tra Brindisi e Aulona; e 130 tra Aulona e Buthrotum) avremmo una di stanza totale di 620 miglia (pari a km. 916). Se si preferisce assegnare alla Via Appia la lunghezza stabilita da Strabone (360 miglia) si avrebbe la distanza di miglia 615 (pari a km. 909).

 

Valona (Aulona) resti di strada romana a capo Triporti. (Fot. Ugolini).


Lasciando da parte la questione relativa alla lunghezza della Via Appia, anche perché si tratta di un divario molto piccolo (soltanto 5 miglia) in confronto alla lunghezza dell'intero percorso Roma-Butrinto, credo sia invece opportuno osservare meglio sia le stesse distanze date dagli Itinerari e dalla Tabula Peutingeriana sia quelle di emenda proposte da critici moderni. Si vedrà in tal modo che sulla base di confronti topografici agli uni e agli altri qualche osservazione può essere fatta, con vantaggio di una miglior conoscenza dell'antico percorso stradale e della sua lunghezza.

L'isola di Saseno (Sason). (Fot. Ugolini).


Capo linguetta (Acroceraunium Promontorium). (Fot. Ugolini).

La stessa attraversata dell'Adriatico data in stadi dagli Itinerari non corrisponde alle odierne distanze. Cosa questa alquanto singolare poiché conosciamo esattamente i punti di partenza e di arrivo del tragitto marino (Brindisi-Valona), e poiché non così forti possono essere stati gli spostamenti tellurici da tradursi in un buon numero di chilometri di divario. Strano ancora che nell'Itinerarium Maritimum sia detto che eguale (cioè mille stadi) è la distanza intercorrente tanto tra Brundisium (Brindisi) e Aulona (Valona) quanto tra Hydruntum (Otranto) e Aulona. Tra Brindisi e Valona vi sono invece km. 133 (pari a odierne miglia marittime 72) e tra Otranto e Valona vi sono km. 92 (pari a 50 odierne miglia marittime). L'Itinerarium Burdigalense (p. 609) dà soltanto la distanza tra Aulona e Hydruntum e dice: “trans mare stadia mille, quod facit milia centum,et venis Odronto...[3]”. Invece la distanza di mille stadi data dagli Itinerari di Antonino e da quello Marittimo corrisponde a miglia romane 125, cioè a km. 184 per entrambe le rotte marittime. Perciò - essendo un miglio romano terrestre lungo m. 1478,50 - se si deve far corrispondere l'antica distanza a quella in realtà esistente oggigiorno, occorrerà portare al testo questa prima emenda: tra Brundisium e Aulona intercorrono miglia romane 89 (e piedi 478); tra Hydruntum e Aulona vi sono miglia romane 62 (e piedi 112).
Altra difficoltà è determinata dall'incertezza di stabilire il punto di un capostrada, e cioè di quello detto Acrocerauni.
Paleocastro (Oricum). (Fot. Ugolini).

“Da Aulona agli Acrocerauni vi sono 33 miglia” dice l'Itinerarium Ant. Il fissare tale trentatreesimo miglio è importante, non tanto come fine del primo tratto stradale, quanto piuttosto perché da esso ha inizio il secondo: “dagli Acrocerauni a Phoenice vi sono 41 miglia” prosegue l'Itinerarium. Ma dove era precisamente questo milliarium segnante il punto d'arrivo e quello di partenza dei due tratti di strada? Il nome Acroceraunia indica certo i monti detti oggi della Chimarra, ma essi costituiscono una catena molto lunga. Perciò se si considerano così in generale, il punto di riferimento è troppo vago, e privo di qualunque valore topografico. D'altra parte non è neppure possibile pensare che si alludesse all'inizio di questa catena montana. Essa dista da Valona pochi chilometri: circa una quindicina (pari a miglia romane 9 circa). L'Itinerarium invece segna ben 33 miglia (pari a km. 48,790). A mio modo di vedere (anziché alterare il numero delle miglia come è stato proposto da qualche moderno commentatore) conviene andare alla ricerca del luogo situato al trentatreesimo miglio da Valona. Si potrebbe ritenere che non tanto i veri monti si volessero indicare col termine Acroceraunia (il quale, propriamente, indicherebbe il promontorium dei monti Cerauni, detto ora Capo Linguetta, oppure anche Linguaglossa), quanto piuttosto una città situata in mezzo ad essi e denominata così per esserne la principale.

 

Grammata (ricca di iscrizioni viste nel 1418 da Ciriaco da Ancona) (Fot. Ugolini).
Ma mi pare che una tale ricerca non possa portare un qualche chiarimento alla questione. Infatti noi conosciamo i nomi di queste antiche città dell'Acroceraunia: esistono di esse ancora i ruderi, ed io li ho visti più di una volta, ma per ovvie ragioni non possono corrispondere a questa supposta città. Per esempio, per quanto Oricum fosse la città più vicina a Valona e situata presso gli Acrocerauni - sorgeva su una penisoletta formata da una propaggine orientale di essi, ora detta Paleocastro - essa non può essere stata chiamata la città degli Acrocerauni per eccellenza soltanto perché giaceva alle falde in essi. Oricum aveva un nome ben noto e peraltro distava da Aulona una ventina di chilometri (pari a circa miglia romane 12); la distanza odierna è certo a un di presso eguale a quella antica a motivo della conformazione del suolo. Altrettanto può dirsi per la città di Chimaera (odierna Chimarra). Essa era indubbiamente la principale città degli Acrocerauni, ma non basta ciò a provare che col termine Acroceraunia si volesse proprio indicare tale città[4]. Per di più la distanza indicata nell'Itinerarium con 33 miglia sarebbe troppo breve: ora tale distanza è di km. 64,500 (pari a miglia romane 43). Non rimane quindi altro che ritenere che per Acroceraunia s'intendesse il valico posto su di essi, come talvolta si usa fare anche oggi. Il passo - ora denominato Lògora - alto m. 607 s. 1. m. poteva bene segnare un punto di riferimento della strada, in quanto da Valona, dal mare, fin lassù la via era in salita, e di li iniziava invece la discesa. La distanza non corrisponde perfettamente,ma vi si avvicina: ora vi sono 38 chilometri, pari a miglia romane 25, ma può essere che la via seguisse in antico un tracciato alquanto diverso, e un poco più lungo, come si dirà più oltre. D'altro lato esso è l'unico valico possibile di questi aspri monti, e quindi costituiva un punto di passaggio obbligato. Cesare stesso lo passò nel 48 av. C.: egli sbarcò a Palaeste (odierna Paliassa presso Paleochori sulla spiaggia di Drimades), valicò per il Logora gli Acrocerauni e scese ad Oricum, occupata da truppe pompeiane[5]. Infine anche oggigiorno non si può valicare la catena degli Acrocerauni in altri punti intermedî tra Valona e Paliassa, e di qui appunto passa la strada costruita dall'Italia.

I Monti Acrocerauni (Ceraunii Montes) e il passo del Logora (Acroceraunia) visti dal mare. (Fot. Ugolini).

Complesso e poco chiaro si presenta del resto in generale il percorso della strada che congiungeva Aulona a Buthrotum.

Da Aulona a Buthrotum anticamente, come pure oggigiorno si può andare per via di mare. Cioè si esce dal golfo omonimo doppiando a sinistra Capo Linguetta (antico Acroceraunium promontorium) e a destra l'isola di Saseno (antica Sason), e poi costeggiando il fianco sud-ovest dei monti Acrocerauni si giunge a Onchesmus (Santi Quaranta). Di qui, percorso un tratto del canale di Korcyra (Corfù) e passato Capo Posidion (Capo Scala), si entra nel Lago Pelode (lago di Butrinto, detto anche di Vivari) e si accede a Buthrotum (Butrinto): portuque subimus Chaonio et celsam Buthroti accedimus urbem [6].
Ma Aulona e Buthrotum anticamente erano connesse anche per via di terra. Premetto però che la strada non costituiva soltanto un tronco di comunicazione tra queste due città, ma era invece un tratto di una lunga arteria stradale, mettente in comunicazione le città costiere dell'Illiria (a settentrione di Valona) con quella dell'Epiro (a mezzogiorno di Valona). Essa scendeva da Dyrrachium (Durazzo), passava per Apollonia (odierno monastero di Pojani), si manteneva più o meno presso la riva del mare - forse erano ad essa connesse le città di Amantia (Pliocia), Byllis (Gradista) e Nymphaeum (Selenitza) per mezzo di tronchi stradali secondarî giungeva a Valona[7]. Un non piccolo tratto di essa si vede ancora oggigiorno, pochi chilometri a nord-ovest di Valona, a Capo Triporti: il selciato romano ora è quasi tutto sommerso dalle acque del mare che hanno invasa la costa, in seguito ad un fenomeno bradisismico.

La strada costruita al passo del Logora (Acroceraunia) dall'esercito italiano. (Fot. Ugolini).

Questa strada costiera proseguiva poi per Buthrotum, e di qui per Actium (Capo Figalo, detto anche La Punta) e Nicopolis (presso l'odierna Prevesa), per continuare poi a raccordare altre città del territorio greco. Il tratto che di questa strada c'interessa è soltanto quello congiungente Aulona con Phoenice e Buthrotum. I commentatori più accreditati degli Itineraria Romana (seguendo i testi, più che letteralmente, in modo immaginario), risolvono qualunque difficoltà, tracciando una strada che da Valona, entro terra, va a sboccare al di là degli Acrocerauni nel porto di Chimaera (Chimarra); di qui si tiene sulla costa fino a Panormus (Porto Palermo); poi di nuovo entro terra va direttamente a Phoenice (Feniki) e, finalmente, di qui continua verso Buthrotum (Butrinto). Osservo che sulla carta è facile cosa tracciare una simile strada, ma tradurla in realtà è quasi impossibile, a motivo della conformazione orografica e geografica della regione, e per altre ragioni relative all'antica topografia.

 
La spiaggia di Paliassa (Palaeste) su cui sbarcò Cesare. (Fot. Ugolini).

Se si accoglie come giusta la mia proposta di ritenere che col termine Acroceraunia dell'Itinerarium debba essere inteso il valico del Logora, le difficoltà offerte per il primo tratto di strada (Aulona-Acroceraunia) diminuiscono. Infatti da Valona la strada doveva scendere costa-costa lungo il golfo fino a raggiungere Oricum, situato a sud-est (odierne rovine di Paleocastro - si noti anche per questo caso il significato del toponimo - presso un laghetto detto Pascià Liman); poi risalire sugli Acrocerauni (a mezzogiorno) fino ad Acroceraunia, cioè fino all'odierno passo del Logora.
In seguito - cioè per il tratto da Acroceraunia a Phoenice - l'identificazione del percorso stradale è del tutto oscura. Il fatto che ora sia perfettamente noto punto ove sorgeva questa città – “la più potente e meglio fortificata città dell'Epiro” come dice Polibio[8] - non aggiunge gran che di luce, poiché la distanza tra Acroceraunia (Logora) e Phoenice è molta: 41 miglia (pari a km. 60,618) dà l'Itinerarium. Phoenice corrisponde sicuramente all'odierno villaggio di Feniki[9] situato a metà strada tra il porto di Santi Quaranta e la cittadina di Delvino. Ma la strada dal Logora a Feniki per dove passava?
Scendendo dal Logora la strada non poteva avere un primo percorso differente da questo: raggiungere il mare a Palaeste (odierna Paliassa), continuare lungo la costa fino a Chimaera (Chimarra) e raggiungere poco dopo Panormus (Porto Palermo). In seguito il percorso è incerto - credo io - più per colpa degli odierni commentatori che in sé e per sé. Il testo degli Itineraria non dice nulla - cioè non parla di città intermedie quindi, come ho detto, si suole tracciare - e una strada che da Panormus va direttamente a Phoenice. Ma un simile tracciato è insostenibile per chi conosce questa zona albanese. Da Porto Palermo a Feniki ci si può andare, è ben vero, anche oggigiorno, ma scalando alte, inospitali e sassose montagne, come soltanto esperti e bene allenati montanari possono fare[10]. “Infames scopulos Acroceraunia” dice, senza esagerare, Orazio[11]. Per di più una strada siffatta avrebbe lasciato in disparte varie antiche città sorgenti sulla vicina costa, per passare attraverso una zona priva di vestigia archeologiche, che s'incontrano invece sempre lungo i percorsi delle antiche vie di comunicazione.

Porto Palermo (Panormus)

Acropoli di Butrinto (Buthrotum)

Occorre dunque ritenere che la strada, giunta a Panormo, continuasse a mantenersi più o meno costiera. Così pensando, le difficoltà orografiche per il corso stradale quasi scompaiono.Confermano ciò ragioni di topografia antica. Come ho or ora accennato, una strada costiera sarebbe passata attraverso altre città o borgate intermedie, esistenti appunto tra Panormus e Phoenice. Durante i miei viaggi di ricognizione di questa zona ho trovato molte vestigia di antiche città. Per esempio tracce di rovine romane esistono nella località detta Villa, a Tatzati; i resti della cinta di un'acropoli appaiono nel villaggio di Borsi; altre mura di tipo “pelasgico” e poligonale sono tra San Basilio e Lucovo, nella località detta Ciafé Bazarit, ecc.
La strada, mantenendosi costiera, poteva così arrivare ad Onchesmus, la odierna cittadina marittima di Santi Quaranta. Era questa città di un'importanza marinara non piccola, perché essa costituiva certamente lo scalo di Phoenice, Gitanae (Delvino) di Argirocastrum (Argirocastro) e fors'anche di Antigonia (Tepeleni).
Cito a questo proposito una circostanza la quale può rivestire un certo valore probativo, per quanto costituisca - direi quasi una prova anacronistica. - Durante l'occupazione dell'Albania, al tempo della guerra europea, il Genio Militare Italiano costruì una strada per mettere in comunicazione appunto Valona con Santi Quaranta. Ebbene: il percorso di tale strada collima perfettamente con quello che io suppongo per la strada romana: Valona, Pascià Li- man, Logora, Drimades, Chimarra, Porto Palermo, Borsi, Lucovo, San Basilio, Nivitza, Santi Quaranta. La coincidenza non può essere casuale, ma fu piuttosto determinata, come è facile comprendere, dalla conformazione del suolo e dalle necessità offerte dai centri abitati.

 
La baia di Chimarra (Chimaera). (Fot. Ugolini).

Ritengo però che la strada antica che andava dagli Acrocerauni a Phoenice non passasse per Onchesmus, perchè essa sarebbe stata troppo lunga in confronto delle miglia segnate dagli Itineraria. A mio modo di vedere, essa, giunta nei pressi di Lucovo (a 17 km. da Santi Quaranta), dove sono le ricordate rovine di Ciafé Bazarit, forse scendeva nella vallata del fiume detto ora Kaliassa, che va appunto verso Feniki e lambisce le falde del monte. In tal modo pianeggiante, comodo, e diritto ne era il percorso. Forse da Ciafé Bazarit un'altra strada avrà portato direttamente a Santi Quaranta, ma si sarà trattato di un diverticolo di poca importanza, del quale gli Itineraria non tengono conto.
Ma il tratto stradale Phoenice-Buthrotum passava o no per Onchesmus? L'odierna strada che congiunge Feniki a Butrinto fa questo percorso: Fenichi- Santi Quaranta (distanza 8 km., strada carrozzabile) e poi Santi Quaranta-Butrinto (distanza 16 km., strada mulattiera). Il tratto di strada mulattiera è quasi tutto sulla penisola di Examili (formata dal Mare Jonio a occidente e dal lago di Butrinto a levante), in fondo alla quale s'ergono le rovine di Buthrotum. Tale percorso, per necessità geografiche, non può non combaciare con quello di una presumibile strada antica che andasse da Phoenice a Buthrotum passando per Onchesmus.
Ma le due antiche città potevano essere in comunicazione diretta. Cioè, partendo da Feniki anche oggigiorno si può attraversare la pianura detta Vurco, arrivare alla riva settentrionale del lago di Butrinto, piegare a destra (occidente), salire sulla penisola di Examili e, percorrendo questa nel senso della lunghezza (da settentrione a mezzogiorno), giungere a Butrinto. Le due comunicazioni con- vergerebbero cioè su questa penisola - per diventare una sola strada - nel punto ove sorge il muro di sbarramento (del IV secolo circa av. C.) detto appunto Dema.

 
Chimarra (Chimaera). Resti di mura di cinta greche. (Fot. Ugolini).


Il percorso diretto Phoenice-Buthrotum può risultare circa 4 km. più breve dell'altro (Phoenice-Onchesmus-Buthrotum). Tale strada sarebbe passata sotto Metochi (luogo di pretta denominazione greca, che conserva i resti di due templi greci) e attraverso il villaggio di Ciuca, ove sono i resti di una costruzione greca conservata per circa tre metri d'altezza, ma seminascosta da casupole addossatevi recentemente.
Tra i due possibili percorsi stradali ritengo molto più ovvio quello diretto Phoenice-Buthrotum. In primo luogo perché è più breve e più comodo; secondariamente per le ragioni di topografia antica ora ricordate; infine perchè, come si vedrà dall'Itinerarium, pare che le due città distassero 15 miglia, cioè 22 km. E giorno infatti una strada partente da Feniki per giungere a Butrinto, attraversando il Vurco e la penisola di Examili, potrebbe risultare lunga una ventina di chilometri.
Dopo le difficoltà topografiche sorgono quelle presentate dalle cifre indicanti il numero delle miglia da percorrere per andare da un capo della strada all'altro.

 
Ciafé bazarit. Resti di mura antiche. (Fot. Ugolini).


A me pare che, chiariti i punti di riferimento indicati negli Itineraria e il percorso della strada, tali difficoltà scemino, e le incongruenze scompaiano quasi tutte. Naturalmente restiamo sempre in un campo un po' problematico, poiché noi non conosciamo l'esatto percorso della strada, e quindi non ci è possibile computare quante miglia potessero esservi di strada diritta e quante di strada curveggiante. Tuttavia lo si può immaginare con una relativa esattezza, e può costituire una buona traccia la distanza che oggi intercorre tra questi capistrada, computandola sulla via costruita dall'Italia.
Il Miller vide giustamente che non potevano essere esatte le distanze in miglia date dagli Itineraria, e propose di emendare la cifra di 33 miglia, segnata tra Aulona e gli Acrocerauni in miglia 20; tra gli Acrocerauni e Phoenice lascia inalterata la distanza di 41 miglia; e tra Phoenice e Buthrotum propone l'emenda di miglia 15. Cioè 76 miglia di distanza complessiva tra Aulona e Buthrotum anzichè 130. Ma queste emende hanno il difetto, che già ho sopra osservato per il tracciato del percorso stradale, di non essere fondate sullo studio delle reali condizioni topografiche. lo sarei d'avviso di non correggere la cifra delle miglia esistenti tra Valona e gli Acrocerauni. Se si vorrà obbiettare che la distanza odierna tra Valona e il Passo del Logora è di 38 km. (pari a miglia 25), e cioè troppo breve per corrispondere al percorso di 33 miglia (pari a km. 48,790) dato dagli Itineraria, potrò rispondere che la strada odierna va più direttamente verso il Logora di quello che andasse l'antica. Infatti questa doveva passare certamente per Oricum, e quindi faceva un grande angolo; mentre l'odierna lascia da parte, e piuttosto lontano, Paleocastro, il luogo ove sorgeva l'antica Oricum.

 
Santi Quaranta (Onchesmus). (Fot. Ugolini).

La distanza poi tra gli Acrocerauni e Butrinto presa letteralmente, così com'è presentata dagli Itineraria, non sembra esatta. Io credo che nel testo sia soltanto necessario sottintendere che la distanza per Buthrotum viene computata partendo dal valico degli Acrocerauni e non dalla vicina Phoenice. Cioè, dagli Acrocerauni a Phoenice, ci sono 41 miglia; se dagli Acrocerauni si va a Buthrotum (passando per Phoenice) ci sono 56 miglia. Dal che risulta - cosa questa del resto già detta da altri - che tra Phoenice e Buthrotum vi fossero 15 miglia e che dalla cifra 56 occorra appunto togliere 41 miglia del percorso stradale: Acroceraunia-Phonice. Ciò verrebbe a significare che si andava direttamente da Phoenice a Buthrotum senza passare per Onchesmus - come sopra ho ritenuto e quindi la ventina di chilometri di possibile percorso stradale odierno verrebbero a corrispondere alle 15 miglia romane date dall' Itinerarium (corrispondenti a km. 22,177). 25

Acropoli di Feniki (Phoenice). (Fot. Ugolini).



Il presumibile tracciato della strada romana da Valona (Aulona) a Butrinto (Buthrotum).


Venendo ad una conclusione su quanto è stato fin qui detto, credo convenga attenersi il più possibile ai dati forniti dagli Itineraria, pure ammettendo qua e La qualche indispensabile emenda. La tabella data qui sotto presenta tutte le distanze degli Itineraria, quelle esistenti oggigiorno, le correzioni proposte da altri e da me stesso, e le relative riduzioni in chilometri, oppure in miglia romane, a seconda dei casi. Da Roma a Butrinto (via Brindisi-Valona) ci sarebbero state miglia romane 543, pari a km. 802.

 



[1] Estratto dal Bull. del Museo dell'Impero Romano (LXI) 1933STABILIMENTO TIPOGRAFICO DITTA CARLO COLOMBO, ROMA MCMXXXIV-XII

[2] I principali lavori consultati per questo argomento sono i seguenti: K. MILLER. Itineraria Romana - Römische Reisewege an der Hand der Tabula Peutingeriana dargestellt. Stuttgart, 1916. Per la questione della lunghezza della Via Appia, vedi pag. 333; per il tratto Aulona-Buthrotum, pag. 559. O. CUNTZ. Itineraria Romana - Volumen prius - Itineraria Antonini Augusti et Burdigalense. Lipsia, 1917. Per ciò che concerne la lunghezza della Via Appia vedi a pagina 107-108 (tratto Roma-Capua); 111 (Capua-Benevento); 120-121 (Benevento-Taranto); 119 (Taranto-Brindisi). Per le questioni relative al tragitto marittimo Brindisi-Aulona vedi a pagina 323 (Itinerarium Antonini); 497 (Itinerarium Maritimum); 609 (Itinerarium Burdigalense). Infine per il tratto di strada tra Aulona e Buthrotum, vedi a pag. 324. Le distanze marittime odierne sono state prese sulle Carte nautiche dell'Ammiragliato Inglese, aggiornate fino al 1930.

[3] II KUBITSCHEK (P. W., IX, 2, col. 2346, nota 41), commenta a questo proposito che qui sono calcolati 10 stadi per un miglio mentre di solito se ne calcolano 8.

[4] Oggi avviene il contrario: Chimarra è la principale borgata della zona tra Valona e Santi Quaranta; i monti Acrocerauni ora vengono detti Monti di Chimarra.

[5]  CAES. B. C., III, cap. 11.

[6] VERG. Aen., III, v. 292.

[7] L. M. UGOLINI. Albania Antica. Vol. I. Ricerche Archeologiche. Roma, 1907. In tale studio sono descritti i resti di queste e di altre città greche o romane della regione e sono presentate le fotografie delle rovine di esse.

[8] POL. II, 5, 8.

[9] L'acropoli di Phoenice è stata fatta oggetto di scavi, studi e rilievi da parte della Missione Archeologica Italiana in Albania. Vedi: LUIGI M. UGOLINI. Albania Antica. Vol. II. L'acropoli di Fenice. Roma, 1933.

[10] Posso dirne qualche cosa anch'io, che, nel 1925, tentai di fare questo percorso. Per quanto fossi già allenato ai viaggi in Albania, e buone guide locali mi conducessero per gli unici sentieri quivi esistenti (termine questo enfatico, poichè sovente ci si dirigeva a seconda delle minori asperità del terreno non esistendo vere tracce di sentieri) dovetti rinunciare all'impresa.

[11] HOR. Od. III, 20.

 

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