Pianeta Albania[1]

Bartolo Pieggi




Prime fotografie doppo dodici anni

Era dal 1964 che sulla stampa italiana non compariva un documento come quello che vi presentiamo: entrare nel «pianeta Albania, come è stato ribattezzato il piccolo Paese governato con pugno di ferro da Enver Hoxha, è impresa difficile. Ve ne offriamo un aggiornato panorama politico e sociale.


In tutto il Paese, le automobili private sono trecento
Tirana. Due aspetti della capitale albanese. Nella prima foto, la statua della libertà. Nella seconda invece, una piazza dal traffico pigro e di tipo patriarcale: rare biciclette, una moto e un furgone tirato da cavalli (le auto private in tutto il Paese sono appena 300). Con circa 300.000 abitanti. Tirana è il centro politico e culturale dello Stato. Vi si conservano ancora le tracce della nostra dominazione (l'Italia occupò l'Albania il 7 aprile del 1939). Le ultime immagini a colori dell'Albania erano quelle d'un servizio di Vittoriano Rastelli pubblicate dalla “Domenica” nel n. 38 del settembre 1972.




Come nelle città cinesi, notizie e slogan sui tabelloni stradali
Tirana. Altre due visioni della capitale albanese. Una piazza centrale con un moderno edificio. Sotto, una via con due cicliste, un carrozzino trainato da un asino e sullo sfondo un grande tabellone su cui sono affissi poster e manifesti sullo stile di quelli cinesi, chiamati in Albania foglilampo. I ritratti che si distinguono sul tabellone sono quelli dei lavoratori più meritevoli. Ricca d'alberi, per lo più pioppi e betulle, la città ha una grande arteria che va dalla piazza dedicata all'eroe Skanderbeg, che per 25 anni combatté vittoriosamente i turchi nel XV secolo, all'università.

Cosa avviene in Albania? È una domanda che si ripete spesso, ma che non trova risposta o ne trova parecchie, complesse e contraddittorie, tanto da lascia re chi vuole realmente saper né qualcosa a bocca quasi asciutta. Si potrebbe fare della facile ironia: ora si conosce Marte, a 380 milioni di chilometri dalla Terra, meglio di quanto si conoscano in Europa quei “quattro sassi”, come definì sprezzantemente l'Albania Vittorio Emanuele III nel 1939.
È un'ironia in parte giustificata. A trent'anni dalla pro clamazione ufficiale della Repubblica popolare albanese, le ultime notizie filtrate da quel Paese, per tanti versi legato a uomini e vicende italiani, so sono poche e ancora una volta confuse. Nella capitale Tirana è stato inaugurato il monumento a Vasil Laci, catturato e fucilato dai fascisti per aver tentato di uccidere Vittorio Emanuele III in vi sita nel Paese nel maggio del 1941. Enver Hodja (o Hoxha), segretario del Partito del Lavoro (comunista) e in pratica autocrate dell'Albania dal 1944, e il suo primo ministro Mehmet Shehu non dovrebbero essere tanto malati pericolanti quanto si dice.
Si era vociferato che il primo soffrisse di diabete o fosse addirittura paralizzato, che il secondo avesse il cancro e che la loro infermità complicasse la lotta al vertice per la successione, alimentata anche da un apparente appannamento dell'amicizia cino-albanese. Ma se ciò è vero, se è vero che Hodja e Shehu sono ammalati, almeno sul piano politico, quest'ultimi sono emersi per il momento vincenti dai contrasti interni, che i decifratori del mistero albanese davano per ininterrotti da tre anni a questa parte. Il Comitato Centrale del Partito del Lavoro (unico partito guida) ha deciso infatti di convocare il proprio congresso per il 1° novembre prossimo e saranno Hodja e Shehu a leggere la relazione sulla situazione politica e sul nuovo (e quinto) piano economico quinquennale. Questo punta ancora una volta su massicci incrementi dell'industria pesante e dell'agricoltura, a scapito dell'industria leggera e dei consumi meno indispensabili, dando ragione alla linea dura e intransigente del segretario generale del partito, È difficile parlare dell’Albania senza parlare di Hodja. Nazione piccolissima (appena 28.748 chilometri quadrati) con 2.400.000 abitanti e altri 1.500.000 albanesi sparsi nella confinante Jugoslavia e nel mondo, l'Albania è stata per 400 anni sotto il dominio turco, ha ottenuto una parvenza d'indipendenza nel 1912, è diventata teatro di guerra nel primo e poi nel secondo conflitto mondiale dopo il breve regno del ti ranno Zog I. proclamatosi re nel 1928 con l'aiuto degli italiani e fuggito con oro e gioielli nel 1939 all'arrivo delle nostre truppe. In trent'anni, Enver Hodja è riuscito a fare della sua patria, per tre quarti montuosa e per l'altra paludosa, afflitta dalla malaria e dall'analfabetismo, in cui la durata media della vita era di 38 anni e dove nascere donna era un lutto, uno Stato a suo modo moderno.
Non è stato facile. Nato nell'ottobre del 1908 ad Argirocastro, oggi paffuto e stempiato, appassionato di musica folkloristica e di letteratura, misterioso, inflessibile e colto come Mao a cui sembra ispirarsi, come lui refrattario ai viaggi all'estero,


 Ingresso proibito a sovietici e americani
Kruja (Albania). Ecco una panoramica di questa cittadina di 80.000 abitanti. Con un vecchio castello e un ricco museo, Kruja è una delle tappe d'obbligo dei turisti stranieri che possono visitare l'Albania soltanto in gruppi organizzati e selezionati, con esclusione, fra l'altro, di statunitensi, sovietici e inglesi, considerati infidi dalle autorità.


Una delle poche “evasioni”: il caffè
Tirana. Una inserviente prepara le tazze per il caffè turco in un bar della capitale. È una specialità locale e costituisce una delle poche evasioni consumistiche consentite La vita in Albania è di stampo autarchico e puritano. Non sono ammessi i capelli lunghi, i jeans e gli abiti scollati.


Nomi italiani fra i vini migliori
Tirana. Alcuni vini con nomi italiani esposti in un negozio. L'Albania produce circa 100.000 ettolitri l'anno di buon vino. Tra le bevande, una specialità locale è la grappa chiamata raki. Oltre al frumento, al mais e al riso, si producono soprattutto agrumi, olive e barbabietole da zucchero.


15 giorni di ferie pagate dallo Stato
Durazzo. Qui sopra, una panoramica della spiaggia frequentata da turisti stranieri e da albanesi che hanno diritto a quindici giorni l'anno di ferie pagate dallo Stato. Sotto, la moschea di Tirana: è considerata un cimelio nazionale ma non è più luogo di culto perché in Albania qualsiasi fede religiosa è espressamente proibita dalla costituzione.



Hodja ha dovuto lottare strenuamente per riuscirvi (la storia dirà se era necessario ricorrere ai mezzi drastici da lui usati per farlo). Figlio di un'agiata famiglia musulmana di funzionari e possidenti, gli unici in grado nella vecchia Albania di dare ai figli un'istruzione europea, tosco di origine (in Albania, sono stati i meridionali toschi, cosmopoliti e commercianti, contrapposti ai rudi montanari gheghi del nord, divisi dai primi geograficamente dal fiume Shkumbin e diversi per costume e dialetti, a dare il via all'indipendenza), Hodja ha studiato al liceo francese di Korçe, fucina di rivoluzionari, e si è laureato in scienze naturali in Francia. Fondatore nel 1941 del partito comunista (che più tardi assumerà il nome di Partito del Lavoro), negli anni successivi si dette alla macchia come partigiano.
Nel novembre del 1944 lo troviamo alla testa del Fronte nazionale unitario e primo ministro del nuovo Stato, Nel 1946, dopo le elezioni generali, ne e è il capo quasi indiscusso. Comincia da al lora il suo tentativo di fare dell'Albania una nazione sovrana e d'imporre la guida assoluta del partito comuni sta, monolitico e accentratore, eliminandone le tendenze moderate.
Fino al 1948, Hodja resta in condizioni di vassallaggio rispetto alla Jugoslavia. Se ne libera allorché Tito viene espulso da Stalin dal blocco comunista ortodosso, ed entra nell'orbita sovietica. Ci rimane in pratica fino al 1961, staccandosene nettamente quando Kruscev, successo a Stalin scomparso nel 1953, interrompe gli aiuti economici e militari all'Albania, e si avvicina alla Cina di Mao, che nello stesso periodo si è liberata dalla tu tela sovietica provocando il grande scisma nel campo comunista. Nel frattempo, si è sbarazzato con tutti i mezzi anche degli avversari moderati all'interno, ha colletti vizzato l'industria e l'agricoltura nazionale e ha imposto agli albanesi un regime di vita duro e severo. Dal 1961 a oggi, la storia si è ripetuta con alti e bassi. Sempre politicamente vicino alla Cina, ma abbastanza lontano geograficamente da limitarne l'influenza diretta, pur beneficiando della sua cospicua assistenza, Hodja ha anticipato i sussulti della rivoluzione culturale cinese. Dopo un breve periodo di liberalizzazione agli inizi degli anni Settanta, ha stretto i freni per respingere gli attacchi di coloro che premevano all'in terno per rendere meno dura la vita del popolo e per rom pere l'isolamento in cui l’Albania sembrava essere sempre più confinata dalla situazione internazionale. La lotta al vertice, come viene definita in Occidente, ha visto cadere dal 1975 le teste di numerosi suoi vecchi compagni di partito, che non si sa bene quale fine abbiano fatto. L'ultimo giro di vite è dell'aprile scorso. Eliminati due ministri, è stato deciso di dimezzare i diritti d'autore degli artisti e degli scrittori e di ridurre dal 4 al 25 per cento gli stipendi dei funzionari e dei burocrati, ai quali è stato imposto nuovamente di alternare il lavoro da di rigenti a quello manuale. In pratica, negli ultimi anni, più di un terzo del Politburo, l'organo centrale del partito, è stato epurato e solo due ministri non sono stati cambiati. Attualmente le redini sembrano tornate saldamente in mano a Hodja. Egli considera imperialisti, in misura uguale, statunitensi e sovietici, definisce i capi del comunismo francese italiano megalomani piccolo-borghesi, e ha accentuato il modello di comunismo di tipo staliniano, come dimostra il nuovo progetto di costituzione che dovrebbe sostituire quella approvata nel 1946 e modificata nel 1950.

Uno Stato ateo per costituzione

In essa si dice che il potere emana dal popolo e appartiene al popolo, che elegge a suffragio universale, diretto e a scrutinio segreto l'Assemblea popolare, organo supremo del potere statale, ma si ribadisce all'articolo 3 che il Partito del Lavoro, avanguardia della classe proletaria è la sola forza politica dirigente dello Stato e, più avanti, che il segretario generale del partito è anche il capo supremo delle forze armate. All'artico lo 52 si afferma che i cittadini godono della libertà di paro la, di stampa, di riunione e di manifestazione, ma all’articolo 54 viene detto che ogni attività o propaganda fascista, antidemocratica, religiosa, bellicista, antisociali sta e ogni istigazione all'odio nazionale e razziale è vietata, e si può intuire come in queste vaghe definizioni sia possibile far rientrare tutto quello che si vuole. In sostanza, l'Albania è per costituzione l'unico Stato ateo del mondo (chiese e sacerdoti sono scomparsi dal 1967), l'unico Stato in cui la propaganda atea è legge costituzionale e in cui le forme artistiche ammesse sono, per costituzione, solo quelle del realismo socialista.
Ma che pensano gli albanesi di questo stato di cose? Essi godono di condizioni di vita che non hanno alcuna possibilità di raffronto con il lontano passato e persino con le carestie frequenti negli anni Sessanta, grazie ai progressi compiuti dall'industria, inesistente fino al 1944, e alle ricchezze minerarie ora sfruttate (soprattutto cromo, rame e petrolio, per il quale sono autosufficienti). Non pagano tasse, hanno l'assistenza sanitaria gratuita, frequentano l'università con borse di studio, pagano pochissimo per l’afflitto delle case, vanno an cora in bici (le auto private sono appena 300 e appartengono ad aziende di Stato). ma, almeno teoricamente, possono controllare l'attività dei dirigenti e contestarla sui manifesti murali di tipo cinese. Sono puritani e severi. Le differenze di stipendio fra i lavoratori sono al massimo in proporzione di 2 a 1. È ammesso l'aborto ma soltanto per difendere la vita della madre il divorzio viene concesso dopo lunghe trafile burocratiche. Si parla di pillole anticoncezionali, ma si fa di tutto per impedirne l'uso.
Non sono ammessi i capelli lunghi, le canzoni i balli occidentali, i jeans e gli abiti scollati e nel 1973 si arrivò al caso limite di una turista svedese che venne quasi lapidata perché indossava calzoncini corti. Ammessa agli inizi degli anni Settanta la possibilità di ricevere i programmi televisivi esteri, oggi le autorità fanno di tutto per impedirne e limitarne la pene trazione, considerata pericolosa per la costruzione del socialismo albanese.
Gli albanesi sono chiusi e diffidenti secondo una tradi zione che è antica, ma che in gran parte è stata accentuata dal regime, e vivono in un isolamento trentennale che neppure il turismo (accettato da alcuni anni per gruppi selezionati con esclusione dei sovietici, degli statunitensi, degli inglesi, dei negri degli ebrei), ha scalfito. Forse senza accorgersene sono attentamente controllati da una polizia di Stato efficientissima che, per ammissione degli stessi dirigenti albanesi, ha eliminato in 30 anni 250 organizzazioni controrivoluzionarie e 4.000 criminali revisionisti. (Ciò renderebbe plausibili le accuse di alcuni albanesi all'estero sull' esistenza di campi di concentramento a Tepeleni, Lushnje, Kambs e Fier). Nonostante questo, gli albanesi sembrano fieri del loro stato e stimano il loro capo, anche se il sessantottenne Hodja si trova a dover affrontare all'interno opposi tori agguerriti e intercambia bili. Se per il momento ha avuto ragione di alcuni di loro, la sua collocazione in campo internazionale, sempre più distaccata e astratta, lo mette in grave difficoltà. Nel 1961 egli non batté ciglio alla partenza dell'ambasciatore sovietico. Oggi l’assenza prolungata dell'ambasciatore cinese Chen Hua che ha lasciato Tirana agli inizi di quest'anno e che non si sa se sia stato spinto a farlo da un allentamento della solidarietà del suo Paese con l'Albania, potrebbe essergli fatale.


[1] Domenica del Corriere, 1976

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